COSA VUOL DIRE MARKETING RELAZIONALE
Cos'è e a cosa serve
Il marketing di relazione non è nuovo, anzi possiamo dire che nel farmaceutico è stato ipotizzato prima di ogni altro, ma mi duole farvi rilevare che non è stato usato in modo bilaterale, pur con la possibilità di farlo, e le nuove piattaforme CRM non hanno apportato il miglioramento sperato.
Il marketing relazionale, quello costruito sulla capacità di comprendere i bisogni del nostro cliente e costruire un rapporto duraturo con lui basato su soddisfazioni reciproche, è stato possibile nel farmaceutico grazie alla presenza della figura dell’informatore scientifico, o ISF, come attuatore finale della politica aziendale e osservatore e latore degli interessi del medico in azienda. Quindi il vero ultimo anello che riceve e trasmette, che ascolta e parla con il medico, che può ben ricordare quanto si è detto e darne seguito, che ha il volto dell’azienda e trasforma una indistinta fiducia nel brand in relazione umana è sempre esistito.
Non so se è calzante, ma quello della rete di informazione è proprio il migliore caso di long lasting relationship: quella fidelizzazione che dovrebbe consentire all’azienda di costruire un rapporto di comprensione reciproca e laica degli interessi e insieme massimizzare i successi terapeutici. L’uomo che raccoglie i dati e li conserva sul suo calepino(!), sul taccuino personale, estende il rapporto a dimensioni che vanno al di là di quelle meramente commerciali, tra professionisti che si stimano reciprocamente, riconoscono reciproche competenze, condividono gli stessi interessi pur da parti opposte. Questo è il mero passo avanti rispetto al marketing farmaceutico tradizionale, dove c’è la pressione ad influenzare più che comprendere, a promuovere a tutti anziché a chi interessa, a comunicare su media unidirezionali anziché bidirezionali. Abbiamo l’informatore che veramente potrebbe informare ed ascoltare, perché non usarlo come clava e non come canale bidirezionale?
MARKETING RELAZIONALE E LA CENTRALITÀ DEL CONSUMATORE
Quando oggi parliamo di paziente al centro, forse abbiamo dimenticato che prima avremmo dovuto avere il medico al centro e che non abbiamo saputo sfruttare appieno la grandissima capacità di professionisti presenti ogni giorno dai medici.
Facciamo focus group, facciamo analisi di mercato dei bisogni dei customer, studiamo le loro reazioni ai nostri messaggi, verifichiamo l’efficacia dei nostri mezzi, analizziamo il loro percepito ma stiamo dimenticando che abbiamo sul campo chi potrebbe aiutarci a farlo per noi, aggiornandoci ogni giorno. Far passare la centralità del consumatore da falso mito da far recitare alla forza vendita a reale cambio culturale è la sfida che ci viene chiesta.
La centralità del consumatore è un assioma contemporaneo, il consumatore è il sovrano ed è lui che ci paga lo stipendio, ma è molto difficile anche solo scorgerne a livello di prassi esecutiva aziendale contenuti e modalità conseguenti che facciano veramente pensare che questa sia la cultura d’impresa.
Marketing relazionale: la centralità degli informatori
Quanto è stato fatto per ascoltare i bisogni dei medici attraverso l’orecchio dell’informatore? Quanto credito ogni giorno viene dato agli ISF sul trasferimento di informazioni dal medico all’interno dell’azienda?
Il punto di osservazione che voglio condividere è che gli informatori frontali e remoti sono sottoutilizzati perché adoperati, diciamo molto spesso, come meri transfer di contenuti ed aggiornamenti professionali al medico.
Non c’è malafede nelle aziende nel mal interpretare e non adempiere alle indicazioni di centralità del cliente, perché la maggior parte delle stesse non è culturalmente attrezzata a comprendere quanto questo veramente modifichi il processo di formazione, guida e coordinamento degli informatori.
Formazione basata sulla capacità di ascolto e reazione, sul riportare sul CRM le informazioni richieste, costruire una relazione tra pari, profilare il medico e adattare il messaggio, ben oltre la solita gestione delle obiezioni che viene sbandierata.
Guida perché sappiano che l’indirizzo aziendale è cambiato e questo è accaduto perché il medico è cambiato in termini di autonomia nell’informarsi da varie fonti, di ridotta attenzione, di un nuovo atteggiamento di ridotta fedeltà, di eccesso di informazioni disponibili e infine di consapevolezza del proprio potere.
Coordinamento per l’impegno necessario per questa nuova sfida culturale che si aggiunge alle altre che stanno già vivendo e che li porta a essere un giunto cardanico attivo bilaterale tra il singolo medico e l’azienda.
Gli informatori sanno – temo più degli stessi dirigenti a volte – che la prescrizione medica è il momento terminale di un lungo processo di formazione ed informazione del medico, attivato grazie ad una forte personalizzazione ed un complesso sistema di interventi periodici, che al momento non mi sembra aiutato e supportato adeguatamente né dal CRM né dalle politiche one size fit all centralizzate. All’informatore viene richiesto sempre più il rispetto delle politiche commerciali universali decise a seguito di precise ed approfondite analisi di mercato internazionali e Nazionali, senza valorizzare l’importanza del fatto che il portatore del messaggio sarebbe in grado di personalizzarlo e adattarlo al proprio interlocutore.
Attualmente vi è ancora il mito di una analisi statistica dei dati di vendita o di prescrizione su base Nazionale e locale, senza una vera attenzione a colui che veramente questi dati potrebbe acquisirli ogni giorno, più volte al giorno. Questo ordinario processo di evoluzione, che in altri settori e comparti ha faticato molto proprio per l’impossibilità a realizzarsi, che si è sviluppato in verità al meglio nel business to business e meno nel business to consumer, ha portato a realizzare una comunicazione anonima e uniforme che non guarda al singolo medico, che non scende nel suo profilo, che non utilizza la capacità di permission marketing che la rete di informazione offrirebbe.
Le domande che ci occorrono per personalizzare il contenuto, potenziare la comprensione, dare valore alla relazione poniamocele internamente, troviamo il modo di farle esporre alla nostra rete di informatori e rianalizziamole con loro.
Gli informatori in questo processo devono diventare anche loro attori:
- devono comprendere che queste domande di segmentazione non sono un carico aggiuntivo ma una parte ad alto valore aggiunto del loro lavoro;
- devono essere formati nel saper acquisire le risposte senza domandare;
- devono comprendere che stanno lavorando in un nuovo quadro di cooperazione per lo sviluppo della relazione con il medico;
- devono comprendere (noi dobbiamo spiegare) che i risultati di queste rilevazioni permettono di integrare le cosiddette analisi di mercato, che stanno assumendo un ruolo diverso nel marketing relazionale e questo consentirà loro una lunga vita professionale perché saranno loro in grado di interpretare meglio il mantra del cliente al centro.
Scopriranno che il loro ruolo in questo modo diventa strutturale, mi piacerebbe arrivare a dire insostituibile: nell’individuare il medico giusto da escludere dallo schedario, nel coniugare e declinare il messaggio per ogni medico, nel percepire e raccogliere informazioni dell’interesse e del comportamento del medico, nel raggiungere quella fiducia della relazione e trasferimento bilaterale di informazioni scientifiche che porta alla prescrizione.
L’informatore è il nostro uomo davanti al cliente: è quello su cui ricade il peso della reputazione e l’immagine e non può essere oggetto di frequenti avvicendamenti. Quindi la sua capacità di tenere il territorio non significa affatto che la relazione con il medico è sua diretta, quanto piuttosto che lui è il mediatore (culturale) con i processi di comunicazione scientifica con l’azienda e come tale deve rispettare l’acquisizione di dati che l’azienda fa attraverso di lui; perché tramite questi il marketing costruisce le migliori ipotesi di messaggi da proporre, per il successo di tutti.
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Marketing relazionale: il nostro approccio proposto
QUALE È LA SOLUZIONE?
Questo orientamento al cliente, nei processi che portano alla prescrizione del medico si basa su fiducia di lungo respiro, su una capacità di ascolto reale one to one, e una analisi complessiva dei dati in grado di suggerire al territorio le azioni da fare. Cliente al centro significa soddisfare i bisogni, non partecipare ad un convegno ma assolvere al meglio il ruolo che il medico ha nei confronti del paziente per offrire la migliore soluzione terapeutica e il miglior supporto per il ripristino della salute e la conservazione dello stato di benessere.
Per questo è richiesta ai manager più illuminati una tipologia di azioni coerenti con la premessa di “cliente al centro”, nell’avvento di una società in cui l’attenzione, l’accesso, la fiducia sono le risorse più scarse a disposizione della rete di informazione. Il manager illuminato deve sintonizzarsi con la nuova realtà, senza sperare di tornare a tutto come prima, perché anche prima il modello era sbagliato, perché oggi il vantaggio competitivo non è il nostro prodotto e le sue caratteristiche terapeutiche quanto piuttosto la gestione al meglio della relazione con il cliente. Avere un CRM non basta, anzi non serve, se non è per gestire l’acquisizione e valorizzazione di informazioni del territorio coordinandole con le politiche strategiche. Avere un CRM dove scrivere le visite non serve: il bravo informatore conserverà per sé, sul suo taccuino, le preziose ed acute osservazioni di ogni singolo medico e ne farà tesoro per le successive visite; addirittura userà quelle per indirizzare le proprie visite e coniugare il messaggio da condividere con quanto richiesto in riunione vendite. Non ci raccontiamo che il cliente è al centro se poi non ascoltiamo chi lo incontra tutti i giorni e non prendiamo in esame ogni istante di questa relazione sul nostro CRM e agiamo di conseguenza.
Il marketing relazionale è veramente un processo culturale perché il medico non è al centro in termini di passività, da esaminare e studiare come una cavia, a cui vendere di conseguenza, ma un attore con cui il dialogo, favorito dall’informatore e dalla piattaforma di acquisizione dei dati, porta ad una fiducia che si trasforma in prescrizione.
In conclusione, la soluzione è forse nel marketing relazionale, forte dei potenziali dati raccolti dall’informatore grazie ad una formazione specifica, ed una piattaforma in grado di integrarli con dati di territorio e di vendita, che potrebbe attivare una risposta coerente con la volontà di costruire, appunto, una relazione in grado di agire sull’attuale asimmetria tra azienda e cliente. Ma ancora di più, la soluzione potrebbe essere l’attivazione di modelli di marketing automation uniti ad analisi dell’interesse e del comportamento degli archetipi del customer medico.
Sei interessato? Stay tuned.